#SENZAGIRIDIBOA

#SENZAGIRIDIBOA

La storia di Enea

Di Silvia Franco

La storia di Enea, il bambino lasciato sulla culla termica della clinica Mangiagalli di Milano, ci ha colpito tutti. Una mamma che non se la sente, non ce la fa a tenere con sé quel figlio che ha appena partorito e che quindi decide di affidarlo a un posto sicuro. La cronaca ci racconta che lo ha fatto lasciandogli in eredità, nella culla, una lettera piena di amore per spiegare il perché del suo gesto. Bastano pochi elementi di un’ordinaria storia di sopravvivenza per attirare l’attenzione di tutti i media e aprire il dibattito. Ordinaria sopravvivenza, sì, perché il piccolo Enea non è un caso isolato: i neonati abbandonati ogni anno sono migliaia, di questi solo 400 circa vengono lasciati all’ospedale, gli altri per strada, nei cassonetti, al freddo e chissà dove. Perché allora non si apre un caso ogni volta che una bambina o un bambino viene abbandonato? Raccontare la storia di Enea è giusto, è giusto soprattutto per far sapere a tutte le mamme, tutte, che c’è una possibilità. Che quella bambina o quel bambino non lo devi tenere per forza, che se non ce la fai, e i motivi possono esser svariativi, dall’insostenibilità economica a quella emotiva, devi sapere che c’è chi può prendersene cura. E molto spesso questo le mamme non lo sanno. Basti pensare che quella “Culla della vita” esiste da 16 anni, ma è stata utilizzata pochissime volte. Va detto a tutte che un’alternativa c’è, per tutti i neonati che rischiano la vita se abbandonati da una mamma inconsapevole, anche nel totale anonimato. Ma quello che dal mio punto di vista è insopportabile è l’appello, riportato da tutti i media, alla madre perché torni dal suo bambino. Quasi un richiamo al proprio dovere. Un dovere che guarda caso è riferito solo alla donna, e non prende in considerazione il ruolo del padre. Perché nessuno ha chiamato in causa il papà? Anche solo per mettere in chiaro che c’è una responsabilità che deve essere condivisa? Perché non cambiare la narrazione e raccontare il grande atto di coraggio che ha compiuto questa donna lasciando il dono più prezioso che potesse ricevere, perché non capire che il vero atto d’amore lo ha fatto lei lasciandolo in mani sicure e privando sé stessa dell’amore più pure che si possa provare? Perché non raccontare che in questa storia conta la collettività, che dove non riesce una persona, tutti gli altri possono attivarsi per portare sollievo e conforto, ma senza giudizio. In Italia c’è la possibilità di partorire e decidere di non prendersi cura del proprio figlio o figlia, in Italia esiste il parto in anonimato ma è un’opzione che pochissime donne prendono in considerazione. Ecco, questa dovrebbe essere l’occasione per raccontare un’atra storia, per spiegare che anche in una situazione così difficile e complicata non sei da sola, perché c’è una rete, una società che si occupa anche di chi non ce la fa.

 

Qui potete trovare l’elenco delle culle termiche in Italia https://www.ninnaho.org/